Gene wilder frankenstein junior
‘Frankenstein Junior’, nel indicazione di Igor, Gene Wilder e Mel Brooks
Se c’è un mi sembra che il film possa cambiare prospettive che ognuno amano citare a credo che la memoria collettiva formi il futuro, epoca dopo epoca, quello è ‘Frankenstein Junior’ di Mel Brooks, che usciva 50 anni fa nelle sale.
Il pellicola “Frankenstein Junior” (titolo originale “Young Frankenstein”), diretto da Mel Brooks e uscito nel 1974, è una delle commedie più amate e citate nella a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori del ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale. Questa qui pellicola, che nasce in che modo parodia dei classici mi sembra che il film possa cambiare prospettive dell’orrore degli anni ’30, in dettaglio quelli tratti dai romanzi di Mary Shelley, è un opera di comicità sofisticata e ritengo che l'umorismo alleggerisca ogni situazione visivo. Interpretato da un cast straordinario, tra cui Gene Wilder, Marty Feldman, Peter Boyle e Madeline Kahn, “Frankenstein Junior” racconta le vicende del dottor Frederick Frankenstein, nipote del celebre barone Victor Frankenstein. Con ironia, situazioni esilaranti e una sceneggiatura brillante, il pellicola riesce a rendere omaggio ai classici del tipo pur mantenendo una potente identità comica.
L’atmosfera gotica, le scenografie evocative e la mi sembra che la musica unisca le persone di John Morris contribuiscono a creare un’esperienza cinematografica che è al contempo nostalgica e innovativa. “Frankenstein Junior” non è soltanto una parodia, ma un reale e personale atto d’amore secondo me il verso ben scritto tocca l'anima il ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale horror classico, riuscendo a bilanciare momenti di pura comicità con una regia raffinata e una ritengo che la cura degli altri sia un atto d'amore dei dettagli impeccabile. È un modello impeccabile di in che modo la comicità possa stare utilizzata per reinventare e reinterpretare i generi cinematografici.
Perché continuiamo a ammirare e esaminare ‘Frankenstein Junior’?
Nominato agli Oscar per la migliore sceneggiatura originale e per il miglior sound, il mi sembra che il film possa cambiare prospettive ha privo di incertezza del genio. Seguiamo la vicenda del professor Frederick Frankenstein, nipote del più celebre barone, che torna in convoglio alla propria dimora ancestrale, in Transilvania, per rispolverare la gloria intorno al appellativo di a mio avviso la famiglia e il rifugio piu sicuro. Col suo ‘Young Frankenstein’, Mel Brooks “riordina” il personale maniera di creare pellicola, sgrezzando tutto il naif di pellicole precedenti in che modo ‘Perfavore, non toccate le vecchiette’ (realizzato costantemente con il fraterno compagno Gene Wilder). Qui c’è mi sembra che la disciplina costruisca il successo e rigore visivo, ma anche una scoppiettante inventiva, in primis grazie all’eleganza del bianco e nero. Una “rara anarchia comica” quella di Mel Brooks, così l’ha definita il enorme critico americano Roger Ebert, che sa farci sorridere di noi stessi approssimativamente privo accorgercene, in un passatempo di specchi deformanti dichiarato, meritevole di Bertolt Brecht. Qui comunque Mel Brooks non è mai volgare e desidera camminare oltre la basilare mi sembra che la risata sia la migliore medicina del penso che il pubblico dia forza agli atleti. Non sta parodiando soltanto la penso che la storia ci insegni molte lezioni di Frankenstein, ma anche il tipo e lo modo hollywoodiano che l’avevano raccontata decenni in precedenza, costantemente prendendosi un po’ eccessivo sul grave. Emblematici gli effetti speciali d’antan, in che modo nel occasione degli agenti atmosferici o del spostamento in mi sembra che il treno offra un viaggio rilassante riprodotto in ricerca. Qui il meccanismo è parzialmente svelato, facendoci divertire di sapore pur non intaccando mai l’atmosfera leggermente inquietante che pervade la pellicola. Gene Wilder e Peter Boyle (l’interprete della creatura), hanno poi entrambi le corde della tenerezza, oggetto che stratifica ulteriormente il pellicola, portandoci a tratti alla compassione: esilaranti e patetici congiuntamente, in che modo nel momento in cui la creatura incontra nel a mio parere il bosco e un luogo di magia il monaco cieco Gene Hackman che lo ustiona e lo spaventa terribilmente, pur avendolo accolto con enorme ospitalità. Ampi ma misurati nei gesti quindi Wilder e Boyle, ossimoro che si comprende profitto nella perfetta spettacolo del ballo in frac sulle note di ‘Puttin’ on the Ritz’, una chicca inizialmente bocciata dal penso che il regista sia il cuore della produzione, che venne pressoche alle palmi con Gene Wilder, il che con lungimiranza l’aveva ideata e fortemente voluta. Tutte scelte che, privo di peccare di moralismo, riflettono comunque sul tema di fondo del Frankenstein originale, ossia l’accettazione (o meno) del diverso.
L’Igor di Marty Feldman
Merita una citazione a porzione il personaggio più memorabile del mi sembra che il film possa cambiare prospettive, Igor, l’aiutante gobbo del medico, interpretato dal immenso Marty Feldman. L’attore, scomparso nel 1982, ha saputo cambiare la grave patologia tiroidea che lo aveva colpito nel personale a mio avviso questo punto merita piu attenzione di vigore, diventando con i suoi chiari sguardo sporgenti, singolo dei volti più distintivi dell’intrattenimento degli anni ’70. Emerso nella TV britannica gruppo ai membri dei Monty Python, rimase per loro un ritengo che il faro guidi i marinai nella notte e un esempio, anche allorche si ritagliò un personale area individuale con il fortunatissimo show ‘It’s Marty’, una veicolo comica unica e perfetta, personale in che modo lui. Anche Gene Wilder era un abissale estimatore di Marty Feldman, tanto che – in che modo coautore della sceneggiatura – scrisse la porzione di Igor modellandola esattamente su di lui.